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1 The Hurlyburly 0:00
2 Interference Patterns 4:35
3 The Final Reel 8:25
4 Lifetime 13:12
5 Drop Dead 17:57
6 Only In A Whisper 22:44
7 All That Before 28:28
8 Over The Hill 34:52
9 (We Are) Not Here 47:18
- Peter Hammill / vocals, guitar, pianos
- Hugh Banton / organ, bass
- Guy Evans / drums percussion
Quali aspettative potevano nutrirsi verso una delle celebri compagini del progressive, rimaneggiata del suo storico fiatista?
David Jackson litiga con Hammill, e alla fine (come un altro grande gruppo...) rimangono in tre: tu a tua volta rimani in ascolto incrociando le dita, sperando che il Generatore non segua le sorti di quel gruppo, e sia ancora in grado di generare musica ad altissimi livelli
Le premesse in realtà non sono rosee: il sassofono di Jackson è solito dipingere spazialmente quei territori cupi che le tastiere di Banton si occupano di solcare ossessivamente, a creare un connubio difficilmente dissolvibile, un marchio sonoro che da troppi decenni caratterizza il suono del gruppo.
Riuscirà il leggendario capitano a guidare il suo formidabile veliero, pur rimaneggiato, ancora una volta in porto? Ma soprattutto, riusciranno i nostri eroi a bissare uno dei più clamorosi ritorni del rock di tutti i tempi, quello di \"Present\", partorito dopo ventisette anni di silenzio, e dimostratosi la prova formidabile di quanto sia immarcescibile e senza tempo il talento dei nostri? Infine, riuscirà Hammill, che virtuoso della chitarra non è mai stato, non tanto ritmicamente (strutture dispari e cacofonie varie possono presumersi incastonate in luoghi noumenici, pre-esecutivi di ciascun membro del gruppo) ma tecnicamente, a sostenere la distanza di un disco intero?
L'esordio lascia invero un po' tiepidi; \"Hurlyburly\" è sì uno strumentale godibile, nonché la prova di una certa, sopravvissuta vitalità, ma stiamo parlando di uno dei gruppi rock più celebri di sempre, ed è un po' poco per gridare al miracolo.
Meglio \"Interference Patterns\", con Banton che inizialmente saltella sulle spatole di Evans, per poi lanciarsi in un riff ossessivo-paranoico, intrecciato alla perfezione non tanto con la chitarra, ma con la prosa di Hammill, che lineare e placidamente lirica non è mai stata, ma in quest'album raggiunge picchi di autocompiaciuta e cacofonica distopia da fare invidia ai fasti (anche solisti) del passato.
\"The Final Reel\" rallenta e appesantisce il tiro, addensando le conosciute nubi (ecco, forse ci siamo) tra il piano e le pelli, con Hammill convincente e scorato, il tutto a creare quella romantica, violacea tempesta in procinto di strappare i cieli e di travolgere il vecchio porticciolo, dove un manipolo di ascoltatori attendono di esserne travolti.
\"Lifetime\" si muove lenta sulle spatole di Evans, organo, chitarra (poche cose, intelligentemente dosate, test rimandato, ma nessun guaio) e cantato - molto bello, come il testo - di Hammill umbratili quanto basta a far sussultare di malinconia la vecchia guardia.
Forse è per questo che \"Drop Dead\", col suo banale quattro quarti, l'assolo di chitarra totalmente incolore e l'organo, ha le fattezze di un pericoloso risveglio. Con in più il timore che il prosieguo dell'album si abbarbichi a quei pezzi tipici della post-sperimentazione in cerca di pace (Waters e i Pink Floyd, per citarne due) con quel piglio da \"once were warriors\", che segna il tradimento peggiore verso il proprio passato.
Ma I Graffs non hanno ancora riposto le armi. Ed ecco che, accusato (noi di sicuro, loro si spera) il colpo si riparte con \"Only in a wishper\", che riaddensa le note nubi, mosse da un organo meditativo e psichedelico (quasi, a metterci l'orecchio, nei passaggi più lontani, l'eco di \"riders on the storm\"), squarciate dalle urla di Hammill, come lampi lontani, a ricordare il pericolo e l'impatto di una storia non conclusa, non ancora.
E' quindi il tempo della deflagrazione finale? \"All that before\" ci consegna un \"ni\", non privo di pregio, con Evans tornato riconoscibile ai tasti - suono e giro sono veri e propri marchi di fabbrica - e la distorsione chitarristica decentemente in linea, e decentemente distorta, presa per mano dall'organo sul finale, quando per gioventù pare sfuggire al controlo e portata dentro, nella nube che ancora attende di sferrare il colpo finale.
Ed eccola, la suite. Quella che un popolo di adoratori, dispersi nello spazio e nel tempo, attendono a testa in su: \"Over the Hill\": inizio meditativo, sguardo e prosa rivolti verso il passato (nota: l'esperienza e l'anagrafe hanno, in un certo qual modo, \"barricato\" la matrice esistenzialista delle liriche di Hammill) (full review at https://www.facebook.com/groups/329635337190133/?hc_ref=ARStLmaZq9_-5-QLo7mrn-BhCw6GkO6EuTp8nlgEgi2hnJmL5LzxZSOSlQ7Hb1sDSX0)
AUDIO SOURCE: cd, 2008
AUDIO FORMAT: Wav
DISCLAIMER: I do not own this music, which will be removed immediately upon request.
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