Questa settimana ho immaginato la voce di Luigi Pericle, importante figura artistica, e non solo, che in questi ultimi anni ha intonato nuovamente il proprio suono dopo avere atteso sotto le coltri della storia recente.
Più i tempi si aggrovigliano più quel timbro mi pare limpido e sensato. Non credo di essermi concentrato sulle sue imponenti affilate visioni pittoriche, incessanti, che conosco poco ma che conoscerò meglio fin dai prossimi giorni per creare qualcosa più in avanti vicino a quell'aspetto. Mi è giunto invece qualcosa che potrei collegare al suo temperamento, all'assedio all'esistenza che quei quadri mi hanno evocato e alla sua dedizione, vicina/lontana presenza nel ritiro in quel di Monte Verità che appunto non è mai del tutto scomparsa, solo salita di tono dove pochi hanno potuto udire. Qualcosa di familiare che mi viene a trovare ogni tanto in varie circostanze, ritirato io qua nel Nord Sardegna, nel mio abito di vento specifico.
In meno di una settimana è venuto fuori un album conciso ed irrequieto di sette composizioni, sotto le ali del drone livido ma anche scoppiettante di argomenti, di rumori, di agilità inattese e di reinvenzioni.
Le lunghe passeggiate fra gli alberi che ho riscoperto, il rumore del mare e del traffico limitrofi che sbatte cieco sui tronchi, i passi impossibili di chi è allenato e il fiatone di chi non ce la fa, ma tutti accolti da un'aria che si fa fresca al momento giusto, sempre più salubre, accolti da una inaspettata chiarezza nonostante la complessità, il tenore personale, le vite.
Nella foresta di simboli quindi, ancora una volta, ma da qualche parte più in alto, in compagnia di questa nuova entità che suggerisco all'ascoltatore di approfondire. La crescente mole di studi, materiali, ritrovamenti che i suoi sostenitori stanno man mano riorganizzando e veicolando con passione potente si fa grande.