Le intolleranze alimentari, una galassia vasta e sulla quale occorre fare chiarezza. Abbiamo chiesto al prof. Giovanni Cammarota di parlarci di uno dei disturbi più \"chiacchierati\" al giorno d'oggi.
CEMAD Centro Malattie dell'Apparato Digerente del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS http://www.cemadgemelli.it/
Le intolleranze alimentari rientrano nel grande capitolo delle ipersensibilità agli alimenti di natura non allergica. Sono più frequenti delle comuni allergie ma sono completamente diverse dalle allergie stesse. Mentre le allergie presuppongono un intervento del sistema immunitario dell’individuo nei confronti di una sostanza o di un alimento, per quanto riguarda le intolleranze alimentari non c’è nessun intervento o mediazione di tipo immunologico. Questa è la prima distinzione. Molto spesso si fa confusione fra le due definizioni ma, sia per sintomatologia che per cause scatenanti, i due meccanismi e le due condizioni cliniche sono completamente diverse. Quali sono le cause delle intolleranze alimentari? Sostanzialmente abbiamo tre tipi di cause per un’intolleranza alimentare: una basata su un deficit cosiddetto enzimatico cioè la mancanza di sostanze capaci di metabolizzare un alimento. Il deficit può essere primitivo, ovvero non provocato da nessuna causa organica o patologica, oppure secondario a patologie. Ci può essere un deficit di questi enzimi che metabolizzano gli alimenti e quindi si può avere una forma di intolleranza all’alimento stesso, perché non è metabolizzato da questi enzimi che mancano. Poi c’è una causa su base cosiddetta vaso-attiva o farmacologica: ci sono degli alimenti, ad esempio, che rilasciano istamina o altre sostanze che hanno una funzione vaso-attiva e quindi causano un’intolleranza verso un certo tipo di alimento con delle caratteristiche diverse da quelle causate da un deficit enzimatico. E poi ci sono le intolleranze alimentari legate a fattori non ancora conosciuti, le cosiddette intolleranze alimentari su base idiopatica – ad esempio alcuni solfiti, glutammati o il benzoato sono sostanze che possono causare intolleranze di tipo idiopatico. La sintomatologia per quanto riguarda le intolleranze alimentari può variare. Quando c’è un deficit enzimatico – pensiamo alle intolleranze ad alcuni zuccheri come ad esempio il lattosio, che è la più comune, o al trealosio o al saccarosio o al fruttosio, perché manca l’enzima che lo scinde – il paziente può lamentare disturbi tipici gastrointestinali – ad esempio gonfiore, dolore, spasticità dell’intestino, flatulenza, aerofagia – quindi una sintomatologia tipicamente gastrointestinale. Quando invece abbiamo delle intolleranze mediate da sostanze di tipo “fra virgolette farmacologico o vaso-attivo” – avremo una sintomatologia che può essere differente e non tipicamente gastrointestinale, e avremo in quel caso palpitazioni, rush cutaneo, astenia, stanchezza… e questo può essere un criterio per cercare di differenziare, per cercare di risalire alla causa reale, quindi all’alimento causa dell’intolleranza. Altri tipi di intolleranze, quelle idiopatiche primitive, possono dare anch’essere cefalea, astenia, sonnolenza a volte, e quindi hanno delle caratteristiche cliniche anch’essere differenti. Come possiamo fare per arrivare alla diagnosi di queste intolleranze? Per alcune, soprattutto quando manca un enzima che scinde alcuni alimenti come nel caso del lattosio, si usano i comuni Breath Test, esami che comunemente adoperiamo per aiutarci a capire quale può essere il meccanismo che determina la sintomatologia di un determinato individuo. Abbiamo il Breath Test al lattosio, al trealosio, al fruttosio e tutta una serie di tipologie di esami diagnostici che ci permettono di capire se si tratta di un problema enzimatico. Per altri tipi di intolleranze, invece, non abbiamo delle potenzialità diagnostiche avanzate e ben validate, perciò possiamo arrivare alla diagnosi attraverso dei criteri di challenge, cioè di esclusione di alimenti in modo controllato dalla dieta. Questo è il meccanismo che adoperiamo normalmente, cioè quello di far escludere ad un soggetto un alimento potenzialmente causa dell’intolleranza per poter poi capire se quell’alimento, se il paziente sta meglio, possa essere stata la causa di alcuni sintomi.\"