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Isabella Salvato, Alfonso Guadagni – Napolitudine - Un Discorso su Napoli (1976) [Full Album]


Playing Next: Elvis Presley -The Concert Years Vol. 4 - May 5, 1976 Full Album


Napolitudine: Un Discorso su Napoli (1976) / Spoken Word, Canzone Napoletana



01) Prologo: 0:00

Qui Fu Napoli [Murolo - Tagliaferri]

Nun è Overo [Pasquale Ruocco]

02) Napoli: 2:15

Vi' Quant'è Bella Napule [Anonimo]

Napule è na Cuccagna [Capaldo]

Napule [Eduardo Scarpetta]

03) L'Ambiente: 3:45

'O Funneco Verde [Salvatore Di Giacomo]

Viche [Anita Scanu]

'A Strazzione [Salvatore Di Giacomo]

'O 'Nteresse [Salvatore Di Giacomo]

'O Dichiaramento [Anonimo]

'O Scugnizzo [Pasquale Cinquegrana]

04) La Religiosità: 10:35

'A Cunfessione 'e Taniello [Marchese di Caccavone]

Cosce Argiento [Raffaele Chiurazzi]

Madonna Abbandunata [Michele Galdieri]

'O Miercurì d''a Madonna 'o Carmene [Ernesto Murolo]

05) L'Amore: 20:48

'E Lacreme d'Ammore [Salvatore Di Giacomo]

So' Dieci Anne [Libero Bovio]

Gentile Signorina [Ferdinando Russo]

Greggio Signore [Ferdinando Russo]

Buono Natale [Salvatore Di Giacomo]

Nannina [Libero Bovio]

Tarantella Scusa [Salvatore Di Giacomo]

A San Francisco [Salvatore Di Giacomo]

N'ata Vota [Luca Postiglione]

Arillo, Animaluccio Cantatore [Salvatore Di Giacomo]

06) Epilogo: 36:59

Napulitano [Anita Scanu]

Pulicenella cu 'a Tuta Blu [Gaetano Di Maio]

Currimmo [Anita Scanu]



\"Io, francamente, preferisco parlare di Napoletanità: diciamo, allora, che Napolitudine è una variazione lirica della Napoletanità o un suo momento nostalgico. Quando si parla della grande e straziata città che si affaccia sul golfo, è d'obbligo ragionare sui suoi mali e sui colpevoli della sua degradazione; ma quando questa città 'la si sente dentro', come una lirica nostalgia, allora il ragionamento cede il posto alla poesia. Anche nella prospettiva di Alfonso Guadagni, del resto, la distinzione esiste, è avvertita, è sottolineata – e non è un piccolo merito della sua scelta. Non si può essere ancora «borbonici» dopo più di un secolo di vita unitaria ma non si può nemmeno cessare di essere napoletani, per tuffarsi indistintamente nell'oceano italiano e rinunciare al diverso, al tipico, allo specifico che la nostra vecchia metropoli si porta dietro da tremila anni. Sarebbe un pessimo modo di fare i democratici unitari.

Dove stia questo specifico, questo tipico, questo diverso – insomma, che cosa diavolo sia questa Napolitudine – chi non lo sa ancora, potrà apprenderlo rapidamente ascoltando questo disco. La lettura delle poesie, in cui vi accompagnano Isabella Salvato e lo stesso Guadagni, regista, attore, uomo di teatro [...], vi comunicherà allegria e tristezza, l'abbandono al sentimento e il freno dell'ironia, [...], insomma tutto quell'impasto di contraddizioni che convivono non soltanto nell'immensa cerchia della città ma anche e forse soprattutto nel cuore e nel cervello di ciascuno di noi, dai più grandi come Salvatore di Giacomo o Eduardo De Filippo, ai più modesti, ai più umili, ai più sprovveduti.

Ma se mi fosse permesso di darvi un consiglio, io vi suggerirei di soffermarvi, come si dice oggi: 'nell'ascolto', non tanto sulle stupende liriche di don Salvatore, o di Ferdinando Russo, o di Ernesto Murolo, quanto sulla poesia di Libero Bovio che comincia con i versi:



« T'odio.

Voglio 'a nutizia

ca si' muorto strarignanno,

ca si' muorto fore patria

suspiranno

'na carezza 'e mamma toia »...



Non credo sia il caso di tradurre, salvo forse per quel gerundio: «strarignanno» che può riuscire un po' oscuro e che significa «uscendo fuori dal regno» cioè «esule». Credo, invece, che sia il caso di richiamare la vostra attenzione sulla stupenda verità del rapporto amoroso che Bovio descrive in questa composizione graffiante, dispettosa, furente proprio come un dialogo tra un'innamorata gelosa e un amante prepotente, presuntuoso e infedele. Basta questa cinquantina di versi a stracciare di colpo il sipario di folclore, di convenzionalità, di giulebbosa menzogna che si è sempre calato tra Napoli e la gente di fuori, presentando gli abitanti della città come suonatori di mandolino sempre disposti a versare una lagrima e a strimpellare una serenata per la loro bella. [...]

L'amore, a Napoli, è una cosa seria e sanguigna come lo è la giornata del napoletano, la sua fatica di vivere, la sua testarda ribellione contro un destino di miseria e di espedienti. «T'odio», nei versi di Libero Bovio, significa che ti amo, ti adoro e ti vorrei strozzare; significa che sono tua perchè ti amo ma non accetto nemmeno per idea di essere la tua schiava, il tuo «oggetto»; significa che sarei capacissima di piantarti un coltello nel cuore ma che se prendi freddo o fai tardi a rincasare, sto maledettamente in pena.

Perciò vi dico che in questo disco sono incise molte altre bellissime liriche ma nessuna come la poesia di don Liberato vi aiuta a capire che cosa è stata, è e sarà sempre Napoli.\" (Antonio Ghirelli)

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