I Nicosia si formano nel 1971 prendendo il nome da uno dei due leader, il chitarrista Nuccio Nicosia (l’altro è il cantante Nereo Villa). La band è radicata in Piemonte ma le provenienze dei singoli sono varie. Dopo un’estate passata a provare intensamente la formazione trova nel ’72 una quadratura definitiva, per quanto singolare, con l’ingresso di ben otto fiati (quattro trombe e altrettanti tromboni) a supportare la base ritmica. Passa ancora un anno e nel ‘73 la ribattezzata “Industria Musicale” pubblica per la Fonit il suo primo e unico album. Un lavoro che, pur avvicinandosi ai canoni del rock progressivo, risulta assolutamente peculiare proprio per l’inusuale dispiegamento di fiati proposto, volto a creare una miscela di rock, swing, jazz e fusion che non mancherà di lasciare un po’ interdetti sulle prime. Si tratta tuttavia, almeno a nostro parere, di materia strutturalmente incasellabile come progressiva, in virtù di una indubbia vena sperimentale, che emergerà con più chiarezza dopo qualche ascolto. Allo stesso tempo, digerito l’impatto con il muro sonoro degli ottoni, appariranno sfumature non immediatamente percepibili. Il disco si apre con la title track, manifesto dell’album nelle liriche e negli arrangiamenti, con il primo dialogo a tre tra sezione ritmica, voce e fiati, apprezzabile soprattutto sul finire. Non mancano richiami alle strutture più consuete; “Scultura in bronzo”, composizione un po’ Camel un po’ disco-music, spicca per la sua particolarità. “Andata E Ritorno” è un pezzo fusion sostenuto, sullo stile dei Napoli Centrale, sul quale Villa stende liriche di denuncia sul tema dell’emigrazione dei giovani del sud. La seconda parte dell’album è occupata da tre composizioni più ambiziose e strutturate: “Paradiso E' Casa Mia”, dove l’intro riservato dipiano, violino e voce sussurrata si apre in un maestoso intreccio di chitarra elettrica e fiati. Originalissime le composizioni in cui l’ensemble di ottoni è in primo piano, come nella caleidoscopica “Esterno” che parte con un canonico intro progressivo per esplodere in un vortice di fiati, che sale ripido fino al pathos del ritornello, per uscire di scena in un inaspettato walzer; o “La poltrona di Allen”, che parte (e chiude) con una delicata riflessione jazz in stile Passport per poi festeggiare con uno swing corposissimo e sostenuto nella parte centrale, cosa che permette a Luciano Alì di mettere in mostra le sue doti percussive. “Salmo 34” è una composizione per tromba e piano su cui Nereo Villa svolge una più che convincente prova vocale, ricordando a tratti le timbriche di Stratos. La prova più sperimentale del lotto è affidata alla finale “Sermon of the mount”, con Villa ancora alle prese con vocalizzi e variazioni su una tappeto monotonale di synth (full review at https://www.facebook.com/groups/32963....)