2b Discovering The Entrance In The Shadow Of A Dying Bloom
12:54 3 Venus
19:53 4 The Last Requiem
4a Looking For Refuge
4b The Prince
4c Armageddon
44:13 5 Bonjour, Magnifiques Champs-Elysées
46:00 6 Notre Dame Très Honorable
50:04 7 Le Vivant Montmartre
52:23 8 Une Promenade Sur La Rive De La Seine
56:11 9 La Vue De La Tour Eiffel
Country: GER
Genre: Symphonic Prog
- Stefan Rößmann / drums, keyboards, acoustic guitar, synthesizers
- Michael Rößmann / guitars, keyboards
- Wolfgang Vollmuth / bass, acoustic guitar, keyboards, vocals
Gli Amenophis nascono nel ’78 dalle ceneri dei Tut Ench Amun, formati a loro volta dai fratelli Stefan – chitarra – e Michael – batteria – Roessmann cui presto si unisce Wolfgang Vollmuth al basso e alla voce. Nell’82, non potendo permettersi registrazioni professionali, allestiscono una sala-studio in un piccolo castello vicino Friedrichshafen. È qui che nell’83 vede la luce il loro omonimo album d’esordio, autoprodotto, i cui riscontri di pubblico e critica saranno talmente distratti da causare la – momentanea – fine della band. Attorno all ’87 un distributore tedesco nota l’album iniziando ad esportarlo, creando quella curiosità ed attenzione sempre mancata. Nel ’93 la francese Musea – dei cui meriti sonori e filologici non si dirà mai abbastanza – ne acquista i diritti, ed è grazie ad essa che possiamo apprezzare la versione rimasterizzata (peraltro registrata in maniera più che decente) di questa gemma nascosta, arricchita di ben cinque bonus tracks.
“Amenophis” è un album dal sapore dichiaratamente sinfonico, musicalmente complesso, denso di passaggi d’umore, dannatamente in equilibrio tra tecnica e ambiente. L’intro è affidato a “Suntower”, che a sua volta apre con una sorta di “patetica” di piano e synth cui risponde, in un perfetto dittico acustico/elettrico, un riff di chitarra elettrica e flamenca. È quindi la volta dei sette minuti di “Flower”, mini-suite dal sapore chiaramente Genesis (Volmuth riprende metricamente il cantato di Gabriel, benché il timbro sia diverso, e attorno al minuto 4:40 pare di assistere ai dialoghi voce-chitarra di Gabriel e Phillips in Trespass). Eppure non si ha mai l’impressione del banale plagio, anche perché il tema centrale di chitarra, più simile all’heavy prog, è originale e affascinante. E’ proprio nell'incrocio tra riff elettrici talora brutali e la ricorrente quiete sinfonica che si struttura uno dei temi dell’album. Dopo ogni sfuriata tutto sembra essere ricondotto ad una calma quasi fatata, come nella successiva “Venus”, con Valmuth impegnato in un crooning scurito, su un tappeto di flauti che quasi ricorda le strofe di Stairway to Heaven, per snodarsi in una accelerazione attorno al quinto minuto culminante a sua volta partiture classiche di tastiera. Il centro dell’album è racchiuso nei quasi venticinque minuti di “The Last Requiem”, bellissima mini-suite in tre atti che segna l’incontro tra una la consueta struttura Genesis e la scuola di Canterbury. La strofa portante richiama talmente i Camel di “The Snowgoose” da far venire il dubbio che, più di influenza, si tratti di palese citazione. Il lungo bridge sinfonico si snoda tra assoli, piccoli inserimenti cantati, effetti di synth tiepidamente space-prog. (full review at: https://www.facebook.com/groups/32963... ).